«Abbiamo pagato di tasca nostra il viaggio di nozze di nostra nuora, eppure ci ha chiamati taccagni; così le abbiamo fatto capire, una volta per tutte, che cos’è il vero rispetto.»

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Quando la luna di miele dei sogni diventa una lezione

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Che cosa fai quando il viaggio perfetto si trasforma in una delusione? Nel mio caso, è bastata una telefonata inattesa di mia nuora per far partire una lezione di gratitudine che nessuno, ma proprio nessuno, aveva messo in conto.

A quarantacinque anni non pensavo di diventare suocera così presto, e men che meno di una ragazza come Veronika. L’ho vista crescere: l’ho conosciuta quando aveva tredici anni—intelligente, testarda, con un carattere ben definito—e ho sempre cercato di farla sentire parte della nostra famiglia. Dieci anni dopo ha sposato mio figlio Oleg. Quel giorno non ho accolto soltanto una nuova persona in casa: mi sono promessa di sostenerla, con affetto, nel bene e nel male.

Oggi Veronika ha ventitré anni. È ambiziosa, determinata e—diciamolo—un filo viziata. Ha sogni grandi e, come genitori, abbiamo fatto del nostro meglio per starle accanto. Le abbiamo pagato gli studi e, quando è arrivato il momento del matrimonio, non abbiamo badato a spese: voleva una cerimonia da favola, e da favola è stata. Il vigneto illuminato da ghirlande luccicanti sembrava uscito da un film; i costi sono lievitati, ma vederla felice ci è parso un prezzo giusto.

Per la luna di miele Oleg ed io ci siamo messi d’impegno: recensioni, confronti, telefonate, preventivi. Alla fine abbiamo scelto una villa in Repubblica Dominicana con piscina privata e una vista sull’oceano che toglieva il fiato. Sì, costosa. Ma pensavamo che per un inizio così importante ne valesse la pena.

Poi è arrivata la telefonata. Stavo bevendo il caffè quando è squillato il cellulare. Era Veronika, con un tono che di solare aveva ben poco.

— «C’è papà? Mettete in vivavoce.»

L’irritazione nella sua voce mi ha spento il sorriso.

— «Che succede?» ho chiesto.

E lei ha cominciato: la villa era “minuscola”, la piscina “ridicola”, la spiaggia “troppo lontana”, il sole “non come in foto”. Insomma, una tragedia greca. Oleg ha provato a spiegare le ragioni della scelta, ma Veronika è passata all’attacco, accusandoci persino di tirchieria.

Quella parola ha toccato un nervo scoperto. Oleg ha dato un pugno leggero sul tavolo, più per frustrazione che per rabbia.

— «Ti rendi conto di quanto abbiamo speso per il matrimonio e per questa luna di miele?»

— «Non mi capirete mai!» ha sbottato lei, chiudendo la chiamata.

La casa è piombata in un silenzio pesante. Io, però, un’idea ce l’avevo.

— «Se per lei siamo “avari”,» ho detto a Oleg, «vediamo che cosa significa davvero.»

Ho telefonato alla reception della villa: cancellazione della suite e cambio con una sistemazione economica, essenziale, senza piscina privata e senza vista. Niente fronzoli: solo un letto, un bagno e quattro mura.

Qualche ora dopo, un’altra chiamata di Veronika. Furibonda.

— «Mi avete spostata in una stanzetta microscopica!»

— «Magari questa ti piace di più,» ho risposto con innocenza, «visto che la villa di prima ti sembrava “da avari”.»

Oleg ha chiuso la questione con poche parole, pesate come pietre:

— «Veronika, ti abbiamo dato tutto. Adesso tocca a te crescere.»

Sono passati alcuni giorni. Quando ci ha richiamati, la sua voce era diversa.

— «Papà… Marina… scusatemi. Sono stata ingrata.»

— «Solo un po’?» ha scherzato Oleg, per stemperare.

— «No, sul serio. Cambierò. Ve lo prometto.»

Ho sorriso, soddisfatta ma serena. Non perché avessimo “vinto” qualcosa, ma perché avevamo ritrovato il senso delle cose.

A volte serve una scossa per capire il valore di ciò che si ha. Imparare la gratitudine non è una punizione: è il primo, vero passo verso la maturità. E, se una luna di miele finisce per insegnartelo, allora forse non è stata una delusione: è stata soltanto la lezione giusta, al momento giusto.

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