Un uomo anziano ha scoperto tre neonati abbandonati all’interno della sua fattoria.

0
62

Il sole iniziava a spuntare timidamente dietro le montagne che circondavano la piccola tenuta di John Peterson, un uomo anziano di settant’anni che aveva dedicato tutta la sua esistenza alla cura della terra.

Advertisements

Il suo volto, segnato dalle rughe del tempo, si illuminava di un sorriso pacato, testimonianza di una vita fatta di sacrifici e saggezza.

Quella mattina, come spesso accadeva, John era uscito presto insieme a Bella, il suo fedele cane randagio dagli occhi vivaci e attenti, inseparabile compagna delle sue giornate.

La nebbia avvolgeva ancora i campi quando Bella, solitamente tranquilla, iniziò a guaire e ad agitarsi, indicando con insistenza un piccolo bosco ai margini della proprietà.

«Che succede, Bella?» domandò John con voce roca, seguendo il cane.

Addentrandosi nel boschetto, l’aria si fece più fredda e umida. Bella corse verso un cespuglio, da cui proveniva un debole pianto che rompeva il silenzio del mattino.

Il cuore di John accelerò mentre si avvicinava e spostava delicatamente i rami.

«Dio mio!» esclamò, chinandosi per assicurarsi che quei piccoli fossero vivi.

Lì trovò due bambine e un bimbo. Le loro guance erano arrossate dal freddo e i corpicini tremavano.

Congelato dallo stupore, John scrutò i dintorni, alla ricerca di qualche traccia o indizio su chi avesse potuto abbandonarli.

«Come si fa a compiere un gesto così crudele?» sussurrò, portandosi le mani tremanti al volto.

Bella sembrava spingere John ad agire senza indugio. Dopo un respiro profondo, lui raccolse i tre neonati, avvolgendoli con cura in un vecchio cappotto di lana.

Il cammino verso casa fu pieno di domande senza risposta.

Quando arrivò, Margaret, la moglie di John, lo accolse sulla soglia. I suoi capelli erano raccolti sotto un fazzoletto, le mani ancora sporche di farina.

«Che succede, John? Sei pallido come un morto», disse con preoccupazione, finché non vide il fagotto tra le braccia del marito.

«Margaret, non crederai a quello che ho trovato», rispose lui, entrando di fretta e posando i bambini sul tavolo di legno.

Margaret lasciò cadere la ciotola che teneva e si coprì la bocca con le mani, incredula.

«Ma da dove provengono questi piccoli?» esclamò, chinandosi per osservarli meglio.

«Sono stati lasciati nel bosco. È stato Bella a scoprirli», spiegò John, ancora scosso.

Margaret non perse tempo: prese coperte pulite e un po’ di latte — quello che avevano tenuto da parte per la colazione — e diede da mangiare ai bimbi con un cucchiaino. John accese la stufa per scaldare la casa.

«E adesso, cosa facciamo?» domandò lui, sedendosi con le mani intrecciate.

«Prima dobbiamo farli stare bene. Non possiamo lasciarli soli. Poi vedremo cosa fare», rispose lei, con la fermezza che la caratterizzava.

La giornata trascorse tra silenzi tesi e piccoli momenti di tenerezza.

John e Margaret coccolarono i bambini, cercando di confortarli e tenerli al caldo.

A un certo punto, mentre Margaret cullava una delle bimbe, fissò John con uno sguardo serio.

«E se questi bambini fossero della nostra comunità? Cosa sarà mai successo per far sì che qualcuno li abbandonasse così?» si chiese.

«Non lo so, Margaret. Spero solo che nessuno nel villaggio possa aver fatto una cosa del genere», rispose John, accarezzando Bella che riposava accanto alla stufa, gli occhi fissi sui piccoli.

Quella notte, la pace della loro casa venne interrotta dai deboli pianti dei neonati. Abituato alla tranquillità della campagna, John si svegliò più volte per aiutare Margaret, consapevole di quanto fosse inesperto nel prendersi cura di bambini così piccoli.

«Domani dovremmo parlare con qualcuno — forse lo sceriffo o il Pastore Robert», suggerì Margaret mentre sistemava i piccoli nella culla improvvisata.

John annuì, guardando fuori dalla finestra il buio profondo. Nel suo cuore sentiva che quella vicenda avrebbe cambiato per sempre la loro vita.

All’alba, i due erano esausti. Tra i pianti dei neonati e le preoccupazioni, avevano dormito poco.

La fattoria, solitamente silenziosa nelle prime ore, ora vibrava di nuova vita, fatta di suoni insoliti e speranze fragili.

John si alzò presto per dare da mangiare agli animali, con Bella al suo fianco, attenta a ogni movimento.

Margaret preparava un brodo caldo per ristorarsi. I piccoli, finalmente addormentati, erano avvolti in una coperta cucita con pezzi di vecchi tessuti.

«John, vieni qui un momento», chiamò Margaret dalla porta.

«Che c’è?» rispose lui, entrando in casa.

Margaret lo guardava con un’espressione di profonda preoccupazione.

«Non possiamo tenerli, John. Non perché non li vogliamo, ma siamo troppo vecchi e a malapena riusciamo a occuparci di noi stessi», disse con sincerità.

John tolse il cappello e lo strinse tra le mani, fissando il pavimento. Sapeva che sua moglie aveva ragione, ma non riusciva a immaginare di abbandonare quei bambini al loro destino.

«Lo so, Margaret. Ma dove li porteremo? Che futuro avranno?» chiese con voce spezzata.

Margaret sospirò, consapevole della difficile scelta che li attendeva.

In quel momento uno dei neonati iniziò a piangere di nuovo. Margaret lo prese in braccio, mentre John restava in silenzio finché il piccolo non si calmò.

«Ascolta, John, non possiamo decidere nulla finché non parliamo con il Pastore Robert. Lui è saggio e rispettato, forse saprà indicarci la strada», propose Margaret, cullando il bimbo.

«Va bene, andremo dopo colazione. Ma se non troveremo un’altra soluzione, non permetterò che soffrano», affermò John con fermezza.

La determinazione nella sua voce commosse Margaret, che conosceva il marito come un uomo retto e sensibile.

Qualche ora più tardi, avvolti i neonati in calde coperte e sistemati nel vecchio carretto di legno, John e Margaret si incamminarono verso la chiesa del paese.

Il viaggio fu silenzioso, ognuno perso nei propri pensieri, mentre il carretto cigolava sui sentieri sconnessi.

All’arrivo, il pastore Robert li accolse con un sorriso che svanì subito vedendo i bambini.

«John, Margaret, cosa vi porta qui così presto?» chiese con tono gentile.

«Pastore, abbiamo bisogno del suo aiuto. Abbiamo trovato… tre piccole anime… e non sappiamo cosa fare», spiegò John, indicando i neonati.

Il pastore li guardò con stupore e preoccupazione.

«Entrate, presto», disse, conducendoli all’interno.

Nel piccolo ufficio della chiesa, sedettero esitanti.

«Raccontatemi tutto dall’inizio», esortò il sacerdote.

John schiarì la voce e iniziò a narrare la scoperta.

Il pastore ascoltò attentamente, poi posò una mano sulla spalla di John.

«Avete fatto bene a portarli qui. Cercheremo se hanno parenti, altrimenti troveremo un’altra soluzione», assicurò.

John e Margaret uscirono dalla chiesa con il cuore pesante, ma un filo di speranza.

Al ritorno, si misero subito all’opera per sistemare la casa e prendersi cura dei piccoli.

La giornata fu dedicata a loro, fatta di gesti semplici ma carichi di significato.

La sera, seduti vicino alla stufa, John e Margaret si guardarono negli occhi stanchi.

«Non so cosa ci riservi il futuro, ma sento che questi bambini sono qui per una ragione», disse Margaret.

«Forse hai ragione. Ma è un peso grande», rispose John con un sospiro profondo.

Rimasero in silenzio, pensando a quello che li aspettava.

La mattina seguente John decise di andare a parlare con Stephen, il più anziano del villaggio, sperando di scoprire qualcosa sulla misteriosa madre.

Stephen ascoltò la storia con attenzione, poi nominò una donna di nome Valerie, una figura nota ma emarginata.

John tornò a casa con molte domande, che condivise con Margaret.

Nei giorni successivi, con l’aiuto del pastore, vennero a sapere che Valerie era morta poco dopo il parto, lasciando una lettera in cui chiedeva che i suoi bambini fossero amati e protetti.

John e Margaret si abbracciarono, consapevoli che quella famiglia, seppur nata dal dolore, aveva trovato in loro un nuovo inizio.

La neve iniziò a cadere leggera fuori dalla loro casa, coprendo il passato e aprendo la strada a un futuro fatto di amore e speranza.

Advertisements