In appena ventiquattr’ore, all’ausiliaria è crollato il mondo: casa, lavoro e fiducia. Poi uno sconosciuto le ha rovesciato il destino.

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Margarita rimase a lungo appoggiata al vetro del corridoio, lo sguardo inchiodato al piazzale dell’ospedale. Laggiù, vicino all’ingresso, suo marito Igor scherzava con l’infermiera Marina: un sorriso di troppo, la mano che le sfiorava il braccio come se intorno non ci fosse nessuno. La stessa scena da giorni. Ogni occhiata, ogni gesto rivolto a un’altra le lacerava il petto. Quando non riuscì più a sopportarlo, girò le spalle e si allontanò.

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A casa li attendeva la solita guerra senza vincitori. Igor si lasciò cadere sul divano, gli occhi incollati al telefono a scorrere chat e profili, come se Margarita fosse aria. Lei tentò di parlargli; lui la liquidò con un’alzata di spalle.
«L’appartamento è mio. Se qui non ti sta bene, vai dai tuoi in campagna. Puoi anche andartene.»
«Non ti vergogni?» La voce di Margarita tremò. «All’ospedale tutti vedono come ti comporti con Marina.»
Igor accennò un ghigno senza staccare lo sguardo dallo schermo. «E cosa ti aspettavi sposando un medico? Non farmi ridere.»

Quelle parole le fecero più male del solito silenzio glaciale. La suocera l’aveva messa in guardia sul carattere spigoloso del figlio, poi aveva minimizzato: “È solo amarezza, passerà”. In due anni e mezzo Margarita aveva sperato. Invano.
«Io sognavo l’amore, una famiglia, il sostegno reciproco», mormorò.
«Te la sei cercata», tagliò corto Igor, uscendo per il turno.

In quell’istante lei capì che il loro matrimonio era finito da tempo. Aveva sopportato, giustificato, chiuso gli occhi. Restava una sola cosa: affrontare Marina.

Marina era sposata con il primario, Roman, superiore di Igor. Possibile che non sapesse nulla? Margarita andò in reparto. Marina, vedendola, irrigidì le spalle.
«Non è il tuo turno. Che vuoi?»
«Parlare. Sul serio.»
«Di che, precisamente?»
«Dimmi la verità: tra te e Igor c’è qualcosa?»
«Ma per favore!» sbottò l’altra, con spavalderia. «Ho un marito primario: stipendio alto, carriera, niente vizi.»
«Allora perché lo alimenti?»
«Sei gelosa? Tuo marito è un donnaiolo: se non con me, con un’altra.»

Margarita stava per ribattere quando la porta si aprì e comparve Roman, pallido.
«Marina, è vero? Mi tradisci?»
«No!» balbettò. «Stavo solo prendendo in giro Rita. Pettegolezzi…»
«Ho sentito abbastanza. Vi auguro ogni bene, a te e a Igor. Da oggi siete fuori. E tu, Marina, non tornare a casa.»

Roman se ne andò sbattendo la porta. Marina si voltò furiosa verso Margarita e le afferrò i capelli.
«Guarda cos’hai combinato! Ora non ho più né casa né lavoro!»
Poi corse da Igor:
«La tua santarellina ci ha rovinati! Roman ci licenzia!»
«Aspetta», fece Igor, spiazzato. «Mi avevi detto che tuo marito sapeva tutto e non gli importava.»
«Così credevo. Adesso mi molla!»
«Io ti amo», azzardò Igor. «Vieni a vivere da me. Caccio Rita.»

Marina scoppiò a ridere all’idea di un monolocale e dello stipendio da medico, poi ci ripensò: meglio quello che tornare dai genitori.
«Va bene. Fine delle bugie.»

Gongolante, Igor inseguì Margarita solo per sputarle addosso altra crudeltà:
«Non mettere più piede qui. Mia madre cambia le serrature. Ah, e ho chiesto al primario di buttarti fuori.»
«E le mie cose?» sussurrò lei.
«Scrivimi dove spedirle… se trovi un tetto», rise.

Margarita si ritrovò in strada con il solo passaporto in tasca. Provò a prelevare, ma il conto cointestato era già stato prosciugato. Neppure i soldi per l’autobus.

Fu allora che notò un ragazzo malvestito, tallonato da due energumeni. Le si avvicinò ansimando:
«La prego, signora! Faccia finta di essere mia madre o mi ammazzano!»
«Dove ti eri cacciato?» sbottò lei, improvvisando. «Tuo padre è al lavoro e per venti minuti di ritardo mi arriva la multa!»
«E tuo padre, poliziotto, non ha il parcheggio gratis?» aggiunse all’istante.
«Sì, ma solo in certe zone!»

I due uomini, spiazzati, si dileguarono.
«Mi chiamo Kostja», sospirò il ragazzo. «Grazie. Come hai fatto a capire cosa dire?»
«Istinto», rispose lei, sfinita. «È una giornata nera. Hai fame?»
«Da morire.»
«Vieni. Passo da un’amica a chiedere un prestito e ti do da mangiare.»

«Anche tu nei guai?»
«Mio marito mi ha messa alla porta e hanno provato a farmi licenziare.»
«Mi spiace. Io… ho avvertito un tizio ricco che nella sua auto c’era una bomba. È scappato in tempo. L’auto è esplosa. Quelli mi cercano per vendetta.»
«Hai avuto coraggio», disse Margarita. «Vieni con me.»

Zina, l’amica, li accolse con un pasto caldo e qualche banconota. Poco dopo arrivò anche Roman.
«Rita, perdonami», disse. «Ho scoperto che è stato Igor a chiedere il tuo licenziamento. Mi sono sentito uno zero.»
«Stavo per denunciare tua moglie», replicò lei. «Se lo merita.»
Zina intervenne: «Rita non ha una casa, e questo ragazzo scappa da chi ha fatto saltare un’auto.»
«Che auto?» chiese Roman.
Kostja raccontò tutto. Roman impallidì di nuovo.
«Allora hai salvato mio fratello.»

Di lì a poco una fila di SUV imboccò la via: il fratello di Roman, Ignat, era un imprenditore conosciuto. Appena vide Kostja, lo abbracciò.
«Devo ringraziare te. Venite nel mio cottage: lì sarete al sicuro.»
Zina, timida: «E per il prestito…?»
Ignat fece un cenno al guardiano, che tornò con una mazzetta di contanti.

Così Margarita e Kostja si ritrovarono in una villa elegante, con una governante premurosa che li trattava come ospiti d’onore.
«Altro che ricchi», scherzò lei col ragazzo. «Mangiamo quel che passa il convento.»

Rimasero una settimana, finché i sicari vennero arrestati. Si scoprì che Marina, accecata dall’idea di ereditare dal cognato, li aveva pagati.

Ignat offrì a Margarita un lavoro fisso nella tenuta e un ottimo stipendio.
«E Kostja? Non posso lasciarlo solo», disse lei.
«Adottalo», rispose Ignat. «Così sarà al sicuro.»
«Ma io non ho più né marito né casa…»
Ignat esitò un istante, poi sorrise: «Potresti sposare me. Per finta, s’intende. Mia moglie ha bisogno di pace… e io ho bisogno di persone come te.»

In realtà la gentilezza testarda di Margarita gli era già entrata sotto pelle: quel “come se” gli sembrò il modo più semplice per restarle accanto.
«Accetta!» implorò Kostja. «Sono grande, non vi darò problemi.»
Il ragazzo era esausto; per la prima volta la fortuna sembrava dalla sua parte. Con Rita e Ignat aveva trovato qualcuno di cui fidarsi.

Un anno dopo, in ospedale circolavano sussurri.
«Avete visto? Rita è sistemata! Sapeva tutto in anticipo… ed è pure incinta!»
«Basta», sbottava Zina. «Ha solo trovato la sua strada. E se l’è meritata.»

Le malelingue, però, non tacevano. Igor, intanto, affondava: entrò ubriaco in sala operatoria proprio sotto gli occhi della commissione. Fu licenziato. Roman ebbe pietà e lo riassunse come ausiliario. Marina aveva bruciato i risparmi; la madre di Igor, saputo della relazione con una truffatrice, lo cacciò. Dormiva di fortuna, con l’alcol come unico compagno.
«Invidia e cattiveria portano dritte al baratro», ripeteva Zina. Ma Igor non ascoltava.

Margarita, invece, rifiorì. Faticava a riconoscersi allo specchio: negli occhi brillava una luce nuova. Aspettava una bambina; il parto era vicino. Ignat la guardava come si custodisce un bene prezioso: senza clamore, con rispetto.

La felicità esiste davvero. A volte arriva travestita da perdita e da prova; si fa largo tra macerie e ferite. Ma se il cuore resta gentile e la speranza non si spegne, prima o poi trova sempre la porta giusta.

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