L’incontro che cambiò tutto
Le vie della città erano ricoperte di foglie color rame e zafferano; il vento di fine autunno le sollevava in piccoli vortici stanchi. L’aria pungeva come cristallo freddo e il sole, avaro, filtrava a tratti tra le nuvole, disegnando chiazze tremule sul selciato. Vanya, dodicenne dal passo svelto, correva verso casa dopo la scuola. Si stringeva nella sciarpa di lana che la madre gli aveva lavorato l’inverno prima e affondava le mani nelle tasche per ripararle dal gelo. Già pregustava il tè fumante, l’odore delle frittelle appena fatte e il sorriso della mamma con la consueta domanda:
«Allora, tesoro? Com’è andata oggi?»
Quel giorno, però, il caso aveva altri piani.
Davanti a una drogheria famosa per il profumo del pane caldo, Vanya notò un’anziana in fila alla cassa. Contava le monete sul palmo, arrossendo d’imbarazzo. Portava un cappotto logoro, un fazzoletto a coprirle i capelli, le mani leggermente tremanti.
«Mi mancano due rubli…» mormorò.
Nel cestino: pane, tè e latte. Nient’altro. Proprio quell’essenzialità colpì Vanya. Si avvicinò e, senza esitare, posò due monete sul bancone.
«Li metto io», disse.
Gli occhi della donna si illuminarono.
«Grazie, caro. Sei un ragazzo di cuore», sussurrò.
Poi gli sfiorò la mano con cautela: «Passa a trovarmi. Vorrei ringraziarti davvero.»
Vanya esitò—la voce della madre gli ricordava di non fidarsi degli sconosciuti—ma in quello sguardo non c’era ombra di inganno: solo gratitudine e un calore difficile da respingere.
Il dono inatteso
La casa dell’anziana era semplice e accogliente, odorava di erbe appese ad essiccare, di fiori e di legna che crepitava nella stufa. Sul davanzale, coraggiosi gerani resistevano al freddo.
«Mi chiamo Anna Petrovna», disse, versandogli un tè di foglie di ribes raccolte d’estate: un gusto un po’ asprigno che scaldava fino al petto.
Tirò fuori un vecchio album di fotografie. In una, una sposa giovane e luminosa sorrideva accanto a un fiume.
«È lei?» chiese Vanya, stupito.
«Sì», rispose con un sorriso velato. «Il tempo corre: oggi ti guardi bambino, domani ti ritrovi dall’altra parte dello specchio.»
Aprì allora un comò striato dal tempo e, da un doppio fondo, estrasse una piccola scatola di legno intagliata.
«È per te. Ma aprila a casa», disse porgendogliela.
Il segreto del medaglione
Vanya resistette poco. Seduto su una panchina, sollevò il coperchio. Dentro, un medaglione d’argento. Lo aprì con cautela: all’interno, la stessa sposa dell’album—Anna Petrovna, radiosa. Gli occhi, identici a quelli di oggi: buoni e limpidi.
Fu allora che capì: l’anima non invecchia. A cambiare è solo la cornice.
Una nuova amicizia
Il giorno dopo Vanya tornò. Portò con sé un paio di muffole lavorate dalla mamma e un album vuoto.
«Lo riempiremo di ricordi nuovi», disse.
Anna Petrovna sorrise con la stessa luce della fotografia lontana. Da quel momento si videro spesso: condividevano il tè, facevano la spesa insieme, sfogliavano immagini sgranate e raccontavano storie.
Vanya imparò dei suoi anni giovani, della guerra, del primo amore, delle perdite. Lei ascoltava i suoi resoconti di scuola, le amicizie, i sogni. Così nacque una complicità discreta e tenace, che lasciò al ragazzo una verità destinata a restare: la gentilezza autentica torna sempre, e quando torna lo fa moltiplicata.
