Rientrò dall’estero senza fede al dito e senza una parola: la nostra ex gloria, ora preda di sussurri e imbarazzo.

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«Che vergogna!» sibilavano le comari quando Mira scese dall’autobus venuto da oltre confine — nessuna fede al dito, nessuna parola a giustificarsi.

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Un tempo era la figlia prediletta del villaggio, il nostro “fiore all’occhiello”. Ora, invece, la accoglievano occhi stretti e mormorii avvelenati.

«È tornata con un bambino!» sussurrò la signora Novak, moglie dell’insegnante e lingua più affilata di tutte. «Niente marito, nessuna spiegazione. E il padre, chi sarebbe?»

Il brusio cresceva ogni giorno davanti all’emporio: c’era chi giurava di averla vista con un soldato straniero, chi diceva avesse fatto la cameriera in terre lontane, e chi insinuava che nemmeno lei sapesse il nome dell’uomo.

«Povero Petar!» gongolava la Novak. «Come farà a guardare la gente negli occhi?»

Eppure Petar taceva. Non replicava ai sussurri né agli sguardi di traverso. Solo quando il vagito del nipotino riempiva la casa, il suo cuore tradiva un tremito: in quel suono c’era vita, non disonore.

Mira non si lasciò piegare.
«Passerà, papà» gli disse una sera. «Lasciali parlare. La nostra verità non è merce per la piazza.»

E il giorno inatteso arrivò.

Una mattina d’estate, il paese si radunò in piazza: la Novak e il suo seguito pronti a godersi l’ennesima umiliazione. Si mormorava che Mira sarebbe apparsa sola, o peggio, al braccio di uno sconosciuto malmesso.

Poi, d’improvviso, il silenzio: una fila di berline nere imboccò la piazza luccicando al sole.

Per prima scese Mira, fiera, il bambino stretto al petto. Subito dietro, un uomo alto, elegante, con uno sguardo che da solo zittiva il brusio. Le si avvicinò, le tese la mano.
«Vieni, amore mio» disse, con voce pacata ma chiara a tutti.

Mira sorrise — un sorriso fermo, sicuro, che bruciò i pettegolezzi.
«Lui è mio marito. E il padre di mio figlio.»

Il brusio si spense di colpo. L’uomo prese il piccolo e lo strinse con tenerezza.
«È il proprietario della fabbrica in città…» sibilò qualcuno.
«Un milionario…» balbettò la Novak, impallidendo.

Mira si voltò verso la folla:
«So che avete parlato di me. Continuate pure, se vi serve. Ma la verità è questa: ci siamo sposati all’estero, nostro figlio è nato lì, e ora siamo tornati.»

Il marito si avvicinò a Petar e gli tese la mano. L’anziano si alzò e lo abbracciò, spezzando in un gesto anni di silenzio, dolore e vergogna.
«Se tu sei felice, figlia mia, lo sono anch’io.»

Il vento della piazza spazzò via i giudizi, lasciando solo stupore. Mira sollevò il bambino.
«Questa è la mia famiglia. E non devo spiegazioni a nessuno.»

Quando dalle auto scesero altri parenti — eleganti, rispettosi — la Novak abbassò lo sguardo: «È tornata… non nella vergogna, ma nell’onore.»

Petar pianse di orgoglio. Il marito gli posò una mano sulla spalla e disse:
«Da oggi siamo una famiglia. Qui, a casa.»

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