«Pasha, hai letto il mio messaggio? Ho scoperto un posticino incantevole appena fuori città: piccole case pittoresche, un gazebo elegante e, a pochi passi, uno stagno tranquillo… sembra davvero un angolo di magia!»

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«Papà, hai visto quell’auto pazzesca parcheggiata davanti a casa?» Zhenya entrò trafelata, i capelli in disordine come un nido scompigliato, ma si bloccò subito. In salotto c’era una donna accanto a suo padre; lui le stringeva la mano e non la lasciò nemmeno quando la figlia comparve sulla soglia. La macchina svanì all’istante dai pensieri di Zhenya.

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«Chi è?» domandò, corrugando la fronte e fissando l’estranea.

«Zhenya, tesoro,» disse il padre con un filo di imbarazzo, mentre la donna gli accarezzava piano le dita, «ti presento Katya. È… la mia compagna. Desideravo tanto fartela conoscere.»

«Compagna?! Come hai potuto?» La rabbia le montò in gola. «Non dirmi che verrà a vivere qui! Mamma è morta solo tre anni fa! E tu porti una sconosciuta in casa nostra?»

«Evgenija,» la voce di lui si fece ferma, «non farmi passare per cattivo. Katya è una persona splendida. Spero che andrete d’accordo. Dopo il matrimonio si trasferirà qui.»

«Matrimonio?» La parola la colpì come una sassata. Aveva cercato di prepararsi a piccoli passi, ma tutto stava franando.

«Sì, stiamo organizzando le nozze,» confermò lui con un sorriso teso. «Andrà tutto nel migliore dei modi.»

«E non ha una casa sua? Perché dovrebbe stare da noi?» sbottò Zhenya, stringendo i pugni.

«Ce l’ha. E, tra l’altro, l’auto fuori è la sua.»

«Allora viva lì! A noi che importa?» La voce le tremò. Girò sui tacchi, corse in camera, sbatté la porta e si gettò sul letto, di schiena. Le lacrime le inzuppavano il cuscino. Ignorò i colpi discreti di suo padre.

«Zhenya, che succede?» Lui si sedette sul bordo del letto e le poggiò una mano sulla spalla.

Lei si scrollò e lo fulminò con lo sguardo. «È un tradimento! E mamma? Dicevi di amarla!»

«Zhenya,» sussurrò lui, «mamma non c’è più, lo sai. L’ho amata e la amerò sempre. Ma devo continuare a vivere. Katya è buona, potete diventare amiche… Scusa se non sono stato delicato. Lei mi aiuterà a fare meglio.» Le sfiorò i capelli; lei si ritrasse.

«Non voglio vivere con lei. Per me non significa nulla.» Lui sospirò e uscì.

«E allora?» chiese Katya sull’uscio. «Capricci?»

Lui annuì.

«Sergey, passerà. Le serve tempo. Per ora la porto da mia madre e la visiterò nei weekend.»

«Hai ragione.»

I giorni scorsero lenti. Zhenya trattava Katya come aria: nessuna risposta, zero conversazioni. Ogni complimento veniva respinto con un sorrisetto sprezzante. «Vuole solo farsi benvolere da papà,» pensava. «Tra poco esagera. Ha scelto la persona sbagliata.»

Quando il padre le comprava qualcosa, lei si illuminava; «L’ha scelto Katya,» diceva lui con leggerezza. Il regalo finiva in fondo all’armadio, deciso a non vedere la luce.

A fine anno scolastico, Sergey e Katya proposero di rimettere a nuovo l’appartamento prima del matrimonio.

«Zhenya è cresciuta, cambiamo anche i mobili,» suggerì Katya. «È ora di salutare la carta da parati con gli orsetti.»

«E dove starà durante i lavori?» si preoccupò Sergey. «Qui non può restare. Mia madre vive lontano…»

«Mandala da mia madre. Sarà felice di ospitarla. Aria buona, un lago vicino. Solo per l’estate.»

«Ottima idea! Evita polvere e vernice. Quando torna, troverà la stanza nuova.»

Quella sera Sergey parlò con la figlia.

«Zhenya, io e Katya pensavamo di mandarti da sua madre per l’estate. Zoya Stepanovna è una donna speciale. Qui intanto ristrutturiamo. Le nozze sono a ottobre: vogliamo iniziare il nostro nuovo capitolo con tutto in ordine.»

«Io non voglio andare!» protestò. «Fate pure i lavori, non mi interessa!»

«Amore, sei allergica a polvere e vernici. Ti ricordi cos’è successo a scuola?»

Zhenya rabbrividì al ricordo, ma non cedette. «Non vado da una sconosciuta.»

«Stai tranquilla, Zoya è d’oro.»

Offesa, scappò di casa e vagò fino a sera. Sergey telefonò a tutti, pensò perfino alla polizia. Rientrò con addosso odore di energy drink.

«Domani fai la valigia e vai da Zoya Stepanovna,» decretò. «Se ti rifiuti, finisci in un centro per ragazzi difficili!»

Il mattino seguente Zhenya rispondeva a monosillabi, mangiava a malapena e sospirava a ogni cenno di partenza. Ma l’ora arrivò, e la videro salire sull’auto di Katya.

Per un momento mise da parte l’astio: Katya guidava con sicurezza. Un lampo di gelosia le attraversò la mente: «Papà non guida così.»

Si riscattò quando i palazzi lasciarono spazio ai campi.

«Dove andiamo?» chiese.

«Quasi arrivati,» rispose Sergey.

L’auto imboccò la strada principale di un villaggio e si fermò davanti a una casetta azzurra col tetto rosso.

«Eccoci,» disse Sergey. «Zhenya, scendi.»

«Devo vivere in un villaggio?» domandò incredula.

«E cosa ci trovi di male?» intervenne una voce ferma.

Una donna alta, dallo sguardo autorevole più da preside che da nonna di campagna, li accolse sulla soglia.

«Zoya Stepanovna, ecco la tua nuova aiutante,» scherzò Sergey, posando una mano sulla spalla della figlia.

«Ciao, Zhenya,» disse Zoya, scrutandola con attenzione. «Benvenuta. Pranziamo insieme, poi i tuoi genitori rientrano.»

A tavola regnò il silenzio. Zhenya non toccò cibo.

«Sergey, puoi andare. Me la cavo io.»

«Ma…»

«Tranquillo,» lo interruppe Zoya. Zhenya si barricò in camera, convinta che il mondo ce l’avesse con lei.

I genitori ripartirono in fretta.

«Sistemati, poi fai un giro al lago. La cena è alle sei, non tardare.»

Zhenya sbuffò, si infilò le cuffie e si sdraiò sul divano. Ignorò la cena.

Mezz’ora dopo Zoya bussò ed entrò. «Vedo che non hai mangiato. Vieni a darmi una mano con i piatti.»

«Non sono qui a fare la serva!» sbottò.

«Come vuoi,» fece Zoya, alzando le spalle e andandosene.

All’alba, il canto del gallo la tirò giù dal letto. Quando Zoya uscì nell’orto, Zhenya cercò in cucina: frigo vuoto, pentole spente.

«Fantastico,» borbottò. Poco dopo rientrò Zoya.

«Hai perso qualcosa?»

«No.»

«La colazione è passata. Il pranzo è tra due ore. Io ho da fare. Se non aiuti, dovrai aspettare.»

Zhenya tenne duro per un po’, poi tornò in cucina e trovò Zoya piegata in due, una mano alla schiena.

«Scusami, oggi la schiena fa i capricci. Ti andrebbe di sbucciare un po’ di patate? La cassetta è sotto il tavolo.»

Stava per rifiutare, ma afferrò il coltello e iniziò. Zoya le rivolse un sorriso aperto. «Guarda che precisione! Sei portata.»

Col passare dei giorni, Zoya la coinvolse nelle faccende: orto, galline, acqua dal pozzo. A poco a poco, la solitudine di Zhenya si allentò. Un pomeriggio scrisse al padre: «Mi avete spedita qui apposta. Faccio la schiava. Ti odio.»

«Resisti fino al weekend. Vengo io,» rispose lui.

Giovedì sera, stremata, Zhenya sedeva sulla veranda. Zoya si sedette accanto a lei. «Perché sei così arrabbiata?»

«Non devo spiegartelo.» Ma bastò lo sguardo gentile perché le si spezzasse la diga. Pianse. Zoya la strinse.

«Capisco. Un giorno magari andrai via, avrai amici nuovi, la tua vita. E tuo padre resterà solo. Le persone hanno bisogno di amare ed essere amate. Tuo padre ama mia figlia; da lei puoi imparare tanto. Non sostituirà tua madre, ma potrebbe diventarti amica.»

Quelle parole le sciolsero il petto. Il giorno dopo, tra mietitura e giardino, il tempo volò; Zoya non le sembrò più una strega.

«Ti ho preparato dei bliny con crema ai lamponi e panna acida fatta in casa.»

«Hai una mucca? Davvero?» chiese Zhenya, sorpresa.

«C’è una fattoria qui vicino. Se vuoi, andiamo a vedere i cavalli.»

«Avevano una cavalla…» rise Zoya. Zhenya si illuminò.

Quando Sergey e Katya tornarono, le trovarono sulla panchina a ridere, un gelato in mano.

«Non voglio più andare via,» mormorò Zhenya. «Ho imparato ad andare a cavallo!»

«Allora resta, i lavori non sono ancora finiti,» decise Sergey, stupito.

«Resta pure, dobbiamo ancora tirar su le carote,» aggiunse Katya, facendole l’occhiolino.

Tre settimane scorsero felici. Zhenya si fece degli amici e prese confidenza con la sella. Quando la ristrutturazione fu pronta, la richiamarono in città: partì con un sorriso.

Nella nuova stanza, sul comodino, trovò una copia di Cenerentola con un biglietto: «Per i nuovi inizi». Regalo di Katya.

«Grazie,» sussurrò, abbracciando prima Katya e poi Sergey.

«Le mie ragazze,» disse lui, commosso. «Ce la faremo.»

Zhenya sorrise. A volte le figlie acquisite devono sudare per trovare il loro posto… e le matrigne sanno sorprendere con una gentilezza che non ti aspetti.

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