“Sono andato a presentare la mia bambina alla mia compagna, ma quello che ho trovato nella sua stanza mi ha lasciato senza fiato.”

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“Quando la mia bambina Chloe, appena quattro anni, mi ha implorato di andare via da casa della mia nuova compagna Lily, ho capito subito che c’era qualcosa di strano. Nella sua vocina c’era un tremito che non avevo mai sentito prima. Per quanto volessi tranquillizzarla, non potevo ignorare quella paura così autentica.

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«Chloe, non dimenticare la giacchetta», le dissi mentre prendevo le chiavi dal bancone.

«Non mi serve, papà!» rispose da dentro l’armadio, dove stava sicuramente scegliendo le sue sneakers glitterate preferite.

Sorrisi scuotendo la testa. A soli quattro anni aveva già un carattere deciso. Fare il papà non era mai stato semplice, soprattutto dopo che la mia ex moglie Lauren ci aveva abbandonati quando Chloe non aveva nemmeno un anno. Da allora eravamo sempre stati solo io e lei.

Il primo anno fu durissimo: notti insonni, pianti inconsolabili, e io senza alcuna esperienza. La cullavo per ore, e appena la mettevo nel lettino si svegliava di nuovo. Ma col tempo avevamo trovato un equilibrio.

Poi, tre mesi fa, incontrai Lily. Un giorno qualunque al bar: era dietro di me in fila, sciarpa rossa e un sorriso che non potevi ignorare. «Ti serve qualcosa di più forte del caffè», scherzò. Da lì una chiacchierata, un appuntamento, e pian piano lei entrò nelle nostre vite. Sembrava dolce, solare. Chloe l’aveva vista un paio di volte e sorrideva con lei. Io ci speravo.

«Siamo quasi arrivati?» chiese Chloe col naso appiccicato al finestrino.

«Quasi», risposi ridendo.

Era la nostra prima cena a casa di Lily. Chloe non vedeva l’ora.

Appena arrivati, indicò il balcone illuminato: «Papà, ha le lucine!»

«Già, sono bellissime.»

Lily ci accolse col suo solito sorriso caldo. Chloe corse dentro, le sue scarpe brillavano come fuochi d’artificio. L’appartamento era accogliente, pieno di cuscini colorati, scaffali di libri e foto. C’era ancora un piccolo albero di Natale acceso, anche se era metà gennaio.

«È bellissimo qui!» esclamò Chloe girando su sé stessa.

«Grazie, tesoro. Ti piacciono i videogiochi? Ho una vecchia console nella mia stanza», disse Lily ridendo.

Gli occhi di Chloe si illuminarono. «Posso?»

«Certo, vieni che ti mostro.»

Mentre sparivano nel corridoio, io mi fermai in cucina. L’aria profumava di aglio e rosmarino.

«Allora», mi chiese Lily mentre sistemava un vassoio di verdure, «hai qualche aneddoto imbarazzante della tua infanzia?»

Risi. «Più di uno. Ma prima voglio sentire i tuoi.»

«Beh», iniziò ridendo, «a sette anni ho deciso di aiutare mia madre a ridipingere casa. Diciamo solo che la colla glitterata non va bene sui muri bianchi.»

Stavo per rispondere quando vidi Chloe comparire sulla soglia. Era pallida, gli occhi spalancati.

«Papà», sussurrò, «posso parlarti da sola?»

Uscii con lei nel corridoio e mi abbassai al suo livello. «Che c’è, tesoro?»

«Lei è cattiva. Tanto cattiva», disse tremando.

«Chi?» guardai verso la cucina: Lily canticchiava, ignara.

«Nel suo armadio… ci sono delle teste. Vere teste! Mi guardavano…» Le lacrime le rigavano il viso. «Dobbiamo andare via, papà!»

Un brivido mi attraversò. Fantasia infantile o qualcos’altro? Non potevo saperlo, ma la sua paura era reale.

La presi in braccio. «Va bene, ce ne andiamo.»

Chloe si strinse forte a me mentre andavamo verso la porta.

«Tutto bene?» chiese Lily sorpresa.

«Chloe non sta bene», risposi senza fermarmi. «Meglio rimandare la cena.»

«Oh no, sta male?»

«Starà meglio. Ti richiamo io», mormorai uscendo.

Quella notte, con Chloe tra le braccia e il cuore che batteva forte, ho capito che a volte le paure dei bambini nascondono segreti più grandi di quanto possiamo immaginare.”**

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