“«Posso sedermi a tavola con lei?» chiese timidamente la giovane senza fissa dimora al ricco imprenditore. La risposta che ricevette fece brillare gli occhi di tutti dall’emozione…”

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La voce della bambina era sottile, quasi un soffio, eppure abbastanza ferma da gelare l’aria nel ristorante.

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Un uomo in completo sartoriale, pronto a gustare il primo boccone di un filetto pregiato, si fermò di colpo. Girò lentamente il volto verso di lei: una ragazzina magra, i capelli arruffati, la pelle sporca, ma con negli occhi una luce intensa di speranza. Nessuno dei presenti poteva immaginare che quella semplice domanda avrebbe cambiato per sempre due vite.

Era una tiepida sera di ottobre, nel cuore pulsante di Ho Chi Minh City.
In uno dei ristoranti più esclusivi della città, specializzato in cucina francese e vietnamita, il signor Lam — magnate dell’immobiliare, figura temuta e rispettata negli affari — cenava da solo. A sessant’anni, i capelli argentati e pettinati con precisione, un Rolex scintillante al polso e un portamento da uomo abituato al potere, Lam era conosciuto per due cose: la sua infallibile intuizione negli investimenti e la totale assenza di sentimentalismi.

Stava per infilzare con la forchetta una fetta di Wagyu quando una voce inaspettata interruppe il silenzio. Non apparteneva a un cameriere, ma a una bambina scalza, dall’aria smarrita e con i vestiti pieni di rattoppi.

Il personale si affrettò a portarla via, ma Lam alzò la mano.
— Come ti chiami? — chiese, con tono calmo ma attento.
— Mi chiamo An, — mormorò lei, stringendosi nelle spalle. — Ho fame. Non mangio da due giorni.

Lam annuì piano e indicò la sedia vuota di fronte a sé. Nella sala calò un silenzio quasi irreale.
An si sedette con esitazione, evitando di incrociare il suo sguardo.

— Portale quello che sto mangiando io, — ordinò Lam al cameriere. — E aggiungete un bicchiere di latte caldo.

Quando il piatto arrivò, An lo divorò. Cercava di mantenere un certo garbo, ma la fame aveva la meglio su ogni formalità. Lam non la interruppe mai, osservandola in silenzio.

Quando ebbe finito, le chiese:
— Dove sono i tuoi genitori?
— Mio padre è morto in un incidente sul cantiere. Mia madre… è scomparsa due anni fa. Vivevo con mia nonna sotto il Ponte Y, ma è morta la settimana scorsa.

Il volto di Lam rimase impassibile, ma la mano attorno al bicchiere si strinse. Nessuno sapeva che anche lui, da bambino, aveva conosciuto quella stessa fame e quella stessa solitudine. Orfano a otto anni, aveva dormito per strada, venduto ferraglia per sopravvivere e passato notti a stomaco vuoto. Aveva trascorso anni esitando davanti alle vetrine dei ristoranti, sognando un piatto caldo.

La voce di An riportò alla superficie un ricordo che credeva sepolto: il bambino che era stato.

Lam si alzò, prese il portafoglio, poi si fermò. Guardò la bambina e disse:
— Ti piacerebbe venire a vivere con me? Avrai cibo, un letto, la scuola… Ma dovrai impegnarti e comportarti bene.

An sgranò gli occhi. — Sì, — sussurrò. — Lo vorrei tanto.

La vita nella villa del signor Lam era un mondo completamente nuovo per lei: la doccia calda, lo spazzolino, il latte intero… All’inizio faticava ad adattarsi. A volte dormiva sotto il letto, convinta che quel materasso fosse “troppo comodo per essere vero”. Nascondeva pane nelle tasche per paura che un giorno il cibo finisse.

Una sera, sorpresa a rubare una pagnotta, scoppiò in lacrime:
— Mi dispiace… Non volevo avere di nuovo fame…

Lam si inginocchiò accanto a lei e disse con fermezza:
— Non avrai mai più fame. Te lo prometto.

Quella promessa segnò l’inizio di una nuova vita.

Gli anni passarono. An crebbe, diventò brillante e determinata, ottenne una borsa di studio per studiare all’estero. Prima di partire, una sera chiese a Lam:
— Chi era lei, prima di diventare il signor Lam?

Lui sorrise. — Qualcuno molto simile a te.

Raccontò la miseria, la solitudine, la lotta per sopravvivere. E la promessa fatta a se stesso: se avesse incontrato un bambino come lui, non lo avrebbe lasciato indietro.

An pianse, quella notte. Per il ragazzo che Lam era stato e per l’uomo che era diventato.

Cinque anni dopo, laureata con onore a Londra, salì sul palco e disse:
— La mia storia non è iniziata a scuola. È iniziata per strada, con una domanda e un uomo abbastanza generoso da rispondermi.

Tornata in Vietnam, annunciò la creazione della fondazione “Posso mangiare con lei?”, per dare cibo, rifugio e istruzione ai bambini di strada. Lam donò il 30% del suo patrimonio.

Oggi, ogni 15 ottobre, padre e figlia tornano davanti a quel ristorante. Non siedono ai tavoli eleganti: si mettono sul marciapiede, servendo pasti caldi a chiunque ne abbia bisogno.

Perché a volte, basta un pasto condiviso per cambiare due destini.

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