«Guarda, sta ancora portando una borsa! Vedi quanto pesa per lei!» risero le cameriere uscite a fumare.
Una di loro gridò: «Donna delle pulizie! Baba Val, non stancarti troppo, quegli avanzi sono più pesanti del cibo!»
La vecchia si voltò, sorrise malinconica e, cambiando mano per sorreggere la borsa, si avviò rapidamente verso la fermata dell’autobus.
«È curioso, ma come fa ad avere così tanti avanzi?» chiese una delle ragazze.
«Chi lo sa? È qui da poche settimane. E poi c’è il nostro Palytch…»
«A me della vita privata degli altri non importa niente!» rispose sdegnata un’altra.
«Oh certo, come se a me interessasse! Una vecchia tutta grigia…»
«È grigia perché ha vissuto tanto. E per quanto riguarda “brutta”, ti sbagli, Palytch è un uomo carismatico, virile!»
Svetlana guardò l’amica: «Anche tu sei presa dal nostro amministratore?»
«No, ho solo detto che è interessante. Ma Palytch e il capo non si filano nessuna di noi. Cercano personalità, e noi siamo persone comuni.»
Sospirando, Svetlana ammise che in parte aveva ragione. Andréi, detto Palytch, era amico del proprietario del ristorante. Si diceva che si fossero conosciuti quindici anni prima in circostanze pericolose e che da allora fossero legati da un’amicizia solida.
Palytch era lì quel giorno e Svetlana si avvicinò.
«Andréi, è normale che la nuova lavapiatti porti a casa sacchetti pieni di avanzi?» chiese.
Lui la fissò serio: «Ti rassicurerebbe se li buttassimo via?»
Lei arrossì ma insistette: «Se una persona vive così male da mangiare gli avanzi e forse dà da mangiare ad altri, cosa dobbiamo pensare? In un posto dove si lavora con le stoviglie non è accettabile.»
«Prendete le cose con calma! Valentina Stepanovna ha tutti i documenti in regola, è sempre pulita e ordinata. E poi, chi sa chi stiamo aiutando con quegli avanzi? Se voi, Svetlana, faceste il vostro lavoro come fa lei, sareste insostituibili! Pensate ai fatti vostri: pettegolezzi e calunnie non fanno onore a nessuno.»
Svetlana, arrossendo di vergogna, corse nella zona riservata dove l’amica l’aspettava.
«Allora, ti hanno rimproverata? Perché fai la saccente senza che nessuno te lo chieda?»
Sbuffò delusa: «Quel soldato odioso ha difeso la vecchia che mangia gli avanzi! Non so quanto resisterà qui.»
«E cosa ti ha fatto questa nonna?» sospirò Rita. «Lascia perdere, alla fine non ruba niente. Perché arrabbiarti?»
«È che…» Svetlana stava per piangere. «Perché parla così di lei?»
Rita sospirò ancora: «Dai, chiudiamo, è mezz’ora che abbiamo finito e tu non sei ancora pronta.»
Il giorno dopo, Valentina era già al lavoro, puliva tutto con cura. Svetlana la guardò con disprezzo: «Fa così per giustificare gli avanzi.»
Valentina si voltò e le sorrise, tranquilla come di fronte a un capriccio infantile, il che irritò ancora di più Svetlana.
«Sorridi senza motivo! Ti rovineranno la vita. Se non te ne vai, racconterò tutto al capo. Se l’amministratore non interviene, almeno lui dovrà farlo.»
Valentina, confusa, chiese: «Svet, perché ce l’hai così con me?»
Svetlana sbatté la porta così forte da far vibrare i vetri e uscì di corsa. Valentina rimase a guardare la porta, poi si rivolse a Rita: «Che le succede?»
«Non lo so,» rispose Rita alzando le spalle. «Pensi davvero che andrà dal capo?»
Rita sapeva alcune cose su Valentina grazie ad Andréi. Pur portando a casa gli avanzi, non viveva in miseria: si vestiva sempre con cura. Ma qualcosa le mancava. Rita capiva che doveva sostenerla, perché Svetlana stava attraversando un momento difficile. In fondo, anche lei avrebbe preso quegli avanzi se potesse.
Svetlana era cresciuta in una famiglia di alcolisti. Quando mancava il cibo, rubava o pativa la fame. Ogni giorno era accompagnato da vergogna: suo padre beveva spesso e non tornava a casa, mentre sua madre faceva entrare chiunque in sua assenza.