“Al suo rientro, il marito pretese di sgomberare l’appartamento, ignaro del colpo di scena che lo stava aspettando.”

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Tatiana non avrebbe mai pensato che la vita potesse colpirla così duramente. Solo sei mesi prima tutto filava liscio: si era sposata per amore, con Oleg vivevano tranquilli in un bilocale luminoso in centro. Mancava solo un figlio a completare la felicità, ma per ora quel desiderio restava sospeso.

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Poi, all’improvviso, tutto si capovolse.

Oleg fu licenziato. All’inizio Tatiana lo incoraggiava, lo aiutava a mandare curriculum, provava a infondergli fiducia. Col passare delle settimane, però, lui si spense: giornate intere sul divano, la TV accesa come un ronzio fisso. Ogni tentativo di spronarlo finiva allo stesso modo.

— Lasciami perdere! — sbottava. — Non vedi che non c’è nulla? Ovunque tagliano!

Tatiana cercava di mostrargli alternative, ma Oleg rifiutava qualsiasi impiego non perfettamente in linea con la sua esperienza. Si chiudeva a riccio e smise persino di contribuire alle spese. Un pomeriggio, rientrando dal lavoro, Tatiana lo trovò che riempiva una valigia.

— Dove pensi di andare? — chiese, sconcertata.

— Da mia madre — fece lui, brusco. — Non sopporto più le tue prediche.

— Oleg, aspetta…

— Basta! — tagliò corto, e la porta sbatté alle sue spalle.

Il silenzio che restò nell’appartamento fu assordante. I primi giorni Tatiana pianse, provò a chiamarlo; lui rispondeva a monosillabi o non rispondeva affatto. Alla fine decise di concedergli spazio.

La routine, lentamente, la rimise in piedi. In ufficio arrivò una promozione, e con il primo premio produttività si permise un divano nuovo; fece anche sistemare il bagno da un vicino tuttofare, visto che Oleg non si faceva vedere da mesi.

A una festa di compleanno di una collega conobbe Andrea: ironico, gentile, uno sguardo pulito. Si scambiarono i numeri, iniziarono a sentirsi. Andrea le dedicava attenzioni premurose e piccoli regali; Tatiana fu chiara fin dall’inizio.

— Sono sposata — disse. — Non posso andare oltre.

Eppure quella presenza le restituiva colori. Dopo tanto grigio, si sentiva di nuovo viva.

Tre mesi più tardi, quando la sua vita pareva aver ritrovato un fragile equilibrio, il citofono trillò. Alla porta, spettinato, con la barba incolta e l’alito che sapeva d’alcol, c’era Oleg.

— Ciao, tesoro — mormorò. — Sono tornato.

Tatiana rimase interdetta.

— Oleg? Che ti è successo?

— Tutto bene — disse, infilando piede e spalla dentro casa. — Vedo che hai rifatto il bagno.

— Sì, qualche lavoretto.

— Perfetto. Torno qui. Tu fai i bagagli e te ne vai.

— Cosa? — sbottò Tatiana. — Ma che dici?

— Questa è casa mia — insisté, gelido. — Sono ancora registrato qui. Ho diritto di rientrare. Tu sparisci.

— Hai perso il senno? Mi hai abbandonata e adesso vuoi cacciarmi? Questa è anche casa mia!

— Allora sistemiamo la faccenda — ringhiò. Prese il telefono e compose un numero.

Tatiana, col cuore in gola, afferrò la borsa e uscì sul pianerottolo. Due uomini dall’aria poco raccomandabile salivano le scale. Tremando, compose il numero di Andrea.

— Andrea, ti prego… Oleg è tornato e vuole buttarmi fuori!

— Respira — disse lui, fermo. — Dove sei?

— Fuori dalla porta. Quei tipi mi mettono paura.

— Non muoverti. Arrivo.

Poco dopo Andrea si presentò con un amico.

— Lui è Mikhail, avvocato — spiegò. — Andiamo a parlare con tuo marito.

Risalirono insieme. Oleg li squadrò con un ghigno.

— Ecco il cavaliere e il suo scudiero. Ti sei trovata l’amante, eh?

— Signor Petrov — intervenne Mikhail, con calma professionale. — Parliamo da persone civili.

— Tu chi saresti?

— Il legale della signora. Ti ricordo che l’immobile è in comunione: Tatiana ha gli stessi diritti che hai tu.

— Non me ne importa nulla — urlò Oleg. — Avete un’ora per sparire, o vi butto fuori a calci!

— Prova — disse piano Andrea, facendo un passo avanti.

Oleg scattò con lo sguardo verso i due compari.

— Vitek, Kolyan, fate capire a questo eroe come funzionano le cose.

I due si mossero. Tatiana serrò gli occhi. In quell’istante, un colpo secco rimbombò sulla porta.

— Polizia! Aprite!

Tutti si irrigidirono. Tatiana guardò Andrea; lui accennò un sorriso.

— Chi ha chiamato? — sibilò Oleg.

— Aprite subito! — ripeté la voce fuori.

Brontolando, Oleg fece scattare la serratura. Entrarono due agenti.

— Che succede qui?

— Niente, questioni di famiglia — biascicò Oleg.

— Davvero? — l’agente scorse in fretta i presenti. — E quei signori chi sarebbero?

— Tentativo di sfratto con minacce — spiegò Mikhail. — L’appartamento è in comproprietà.

— Documenti, prego — disse l’agente.

I due “aiutanti” presero le distanze. Oleg, sempre più pallido, porse le carte.

— Quindi volevate cacciare vostra moglie con due energumeni? — commentò l’agente, asciutto. — Si viene con noi in commissariato per accertamenti. E da questo momento state alla larga dalla signora. Non potete sfrattarla.

— In commissariato?! — sbottò Oleg.

— Sì. E vi conviene collaborare.

Lo portarono via. Tatiana si sedette, le gambe molli.

— Come hanno fatto ad arrivare così in fretta? — chiese, ancora in apnea.

— Li ho chiamati appena mi hai avvisato — rispose Andrea. — Era la cosa più sicura da fare.

— Grazie — mormorò lei. — Non so come avrei fatto da sola.

— Adesso pensiamo al resto — disse Mikhail. — Preparerò gli atti per la separazione e la divisione dei beni.

Seguì un periodo complicato. Uscito dal commissariato, Oleg alternò suppliche e minacce; Tatiana rimase ferma: avviò il divorzio. Andrea le fu accanto senza tentennare, nei corridoi dei tribunali come nelle sere stanche. Alla fine l’accordo arrivò: l’appartamento restò a Tatiana, Oleg ricevette la sua quota in denaro.

Quando chiuse anche quella pratica, Tatiana si sentì finalmente libera di guardare avanti. Il legame con Andrea, intanto, era cresciuto con naturalezza. Dopo qualche mese lui si trasferì da lei; un anno più tardi le chiese la mano. Due anni dopo nacque la loro bambina, Alice. E da poco Tatiana ha scoperto di aspettare un maschietto.

Non l’avrebbe mai detto, all’inizio di quel temporale. Ma a volte ciò che sembra una rovina è, in realtà, la soglia di qualcosa di meraviglioso.

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